giovedì 22 aprile 2010
Il bisturi, la farfalla, la politica - Valentino Parlato sul Congresso dell'Arci
IL BISTURI, LA FARFALLA, LA POLITICA
Queste giornate a Chianciano, al Congresso dell'Arci, mi hanno dato ottimismo e mi sono immedesimato nello slogan «Reagire alla sfiducia, agire il cambiamento». I 600 delegati dei 5.600 circoli sparsi per l'Italia (sull'ormai famoso «territorio») nei loro interventi hanno espresso una seria e sensata critica alla politica corrente (anche cosiddetta di sinistra), e una forte aderenza alla realtà, alle persone (più di un milione) che animano i circoli.
Critica alla politica corrente (il gelo ha accolto l'intervento di Bersani, applausi invece per Mazzi e Vendola), ma per ricostruire, senza arroganza né inferiorità, ma in una sottile autonomia, la politica di sinistra. «Lavoratori territoriali della politica» amano definirsi.
Impegnativo e ribadito nei vari interventi seguiti alla relazione di Paolo Beni, il punto dell'autonomia. Non solo perché è ormai lontano il tempo delle «cinghie di trasmissione», che potevano forse valere nella prima fase di passaggio dalle Case del Popolo all'Arci, ma perché questa Associazione Ricreativa e Culturale Italiana si ritiene soggetto assolutamente autonomo nel suo vario agire, dallo sportivo, al culturale, al politico. Politica - vari interventi lo hanno sottolineato, e talvolta con una punta polemica - non è solo candidarsi alle elezioni. A ben ascoltare gli interventi, l'ambizione forte dell'Arci è «reinventare la politica». E, tutto questo con un sano pizzico di spregiudicatezza, sapendo essere ironici anche su se stessi. In una delle tante sedute di gruppo per rispondere alla domanda «che tipo di strumento è l'Arci?» si offrivano diverse risposte: si cominciava con «un bisturi da chirurgo per eliminare la parte malata» per finire con «una farfalla per immaginare cose belle», con in mezzo anche «una bottiglia di vino per non pensare alle cose brutte».
Tra queste risposte sull'identità (e anche l'obiettivo) un buon successo ha avuto la formula proposta da Luciana Castellina, «uno strumento per riappropriarsi della politica».
Insomma, questi amici e compagni dell'Arci (anche i più giovani) non sono nati ieri, hanno memoria e sanno che la politica è importante e che oggi rischia di soffocare, spegnersi, separata dalla gente, di ridursi a normale affare privato, mercato di voti e non confronto delle idee e delle speranze.
Non è, sia chiaro, l'antipolitica che oggi fiorisce, a destra, ma più ancora a sinistra, ma una sorta di guerra di liberazione della politica dagli attuali padroni (e distruttori) della politica, sollecita il massimo di autonomia. Un'affermazione ribadita nella relazione e nelle conclusioni di Paolo Beni e ripresa da molti interventi. Vogliamo resuscitare la politica, ma proprio per questo non vogliamo dipendere da nessuna delle attuali forze politiche.
Su questo punto dell'autonomia ho trovato un elemento di contatto con noi del manifesto, che, proprio sul punto dell'autonomia, arrivammo a una rottura, dolorosa e anche un po' arbitraria con il Pdup. Ma proprio questo punto comune sull'autonomia e sulla volontà di liberare la politica dal suo assoggettamento a forze fondamentalmente private ha accresciuto il mio interesse per l'Arci e il proposito (nell'ovvio rispetto delle singole autonomie) di trovare convergenze. La prima idea che mi è venuta è quella di una serio viaggio del manifesto nel vasto e variegato mondo dell'Arci (tra la Sicilia e l'Emilia le differenze sono molte) e anche di dare rilievo, favorevole o polemico, alle iniziative di questo grande aggregato di cittadini che gli organi di informazione (un po' anche noi) tengono nell'ombra, troppo attratti dalle gesta del cavalier Berlusconi.
L'Arci, questo credo di aver capito a Chianciano, è una grande forza democratica e di sinistra dalla quale tutti, un po' anche noi del manifesto, pensiamo di attingere sostegno, come da una truppa di sussistenza negli eserciti di una volta. Sarebbe un errore suicida e forse anche omicida. Non è tempo di strumentalizzazioni e astuzie, la sinistra sta morendo di furbate. Se vogliamo uscire dall'attuale palude ci vogliono chiarezza e disinteresse, fiducia in noi e negli altri che ci sono vicini. In ogni modo, un personale e sincero grazie al congresso dell'Arci.
di Valentino Parlato - "il manifesto" 21 aprile 2010
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